venerdì 23 marzo 2012

Ci pensi?

scelgo un bar un po’ più lontano. mi metto in coda, brioche ai 10 cereali (esisteranno davvero? sono chimere della monsanto?) e caffè macchiato: qui lo fanno buono, con tanta schiuma e le tazze un po’ sguaiate, particolarmente disponibili all’abbocco. la glassa che lega i semini della brioche è un benvenuto alle papille decisamente gradito, si frantuma e ritorna ad ogni atto masticatorio, come un ritornello sempre piacevole, tipo ballo del quaqua. Avevo già notato la cassiera, una donna bella, con gli occhi azzurri e le borse di chi è dalle cinque al lavoro. la divisa nera le dona, ha i capelli di un biondo appena ritoccato legati in una coda. tutta la faccia è stanca, ma mantiene il decoro di chi deve tirare almeno fino alle due. Sono a metà del mio caffè quando le si avvicina un avventore, un tipo da un certo ingombro volumetrico che mi costringe a spostarmi e che ordina qualcosa sottovoce. Si avvicina proprio a lei, si sporge, le chiede di fare altrettanto in modo che l’apparato fonatorio di lui le appiccichi questa cosa segreta quasi proprio sulle orecchie. Non lo guardo nemmeno, non mi va di voltarmi, sento solo la sua voce. Ha una parlata appiccicosa, sempre sottovoce, poi tornano eretti entrambi e lui finisce di ordinare, un bombolone, ‘o bombolone, e un cappuccio, ‘o cappuccio. E poi, aggiunge Ci pensi?, ci vuoi pensare? Dài pensaci, tanto io ho già una moglie e due amanti, ma di lavoro ne posso ancora prendere. Io devo girarmi, devo vedere com’è fatto. A ridosso dei sessant’anni, facciamo cinquantacinque, brizzolato sul bianco, naso a patata carnosa, occhiali di metallo, giacca pied-de-poule, jeans nuovi e stretti, scarpe nuove e alla moda. Dalla vita in giù è giovane, anche perché le gambe sono magre. Sopra è muffa. E lei? Ci pensi?, le continua a chiedere. E lei dice Va bene, senza velleità di difesa. È stanca, ha attaccato alle cinque, ma dice va bene, con gli occhi bassi. Mi fa ribòllere1 il sangue (lo scrivo così, alla siciliana, perché il sentimento è genuinamente siculo e per un momento mi viene voglia di fare il Tancredi) il fatto che non gli arrivi da nessuna parte un ceffone. Non è la combinazione che abbia una moglie e due amanti a darmi fastidio (ci mancherebbe, se sono felici tutti non c’è niente di meglio). È l’evidenza che lei sia stanca, lavori, abbia quelle borse gigantesche, e lui se ne fotta, anzi pensi sopra ogni cosa a quietare il tremolio del proprio prepuzio con quest'altro corpo, senza un briciolo né di dignità né di - peraltro ridicola, ma almeno di qualche possibile divertimento - galanteria. Ora che la guardo meglio è proprio stravolta, le guance sembra che stiano cercando un modo per scivolare sotto la mandibola, pur di smetterla con questi assurdi sorrisi faticosi da cassiera. E imbarazzanti. Lui insiste, ancora, fa il satiro. Ci pensi? Va bene, ci pensa, lei dice che ci pensa. e abbassa gli occhi, pensando che alle due, quando torna a casa, deve farsi lo shampoo.
1da rivùgghiere

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