lunedì 5 marzo 2012

clara signa

me lo ricordo dal de bello gallico (ma come è possibile direte voi che il de bello gallico parli della morte di cesare? e intanto il ricordo s'è aggrumato lì e io mica lo posso scrostare, poi finisce che muore: forse erano state due interrogazioni vicine, non lo so), l'avrò deformato cento volte in memoria, ma mi ricordo che clara signa avevano annunciato al pugnalituro che avrebbe fatto una brutta fine. i corvi, e poi la mattina non si voleva alzare, non ricordo con esattezza, sto mischiando tanti di quei racconti suoi e di altri che non vale neppure la pena rimboccarsi le maniche e seccarsi i polpastrelli di polvere tra uno svetonio e l'altro. fatto sta che a me sono rimasti i clara signa, quei segni impercettibili e chiarissimi che mi danno una mano. dei ching che vengono risucchiati dal vortice di un lavandino, mettiamola così, perché così li vedo. e però io ci credo, il lavandino che si svuota e come si svuota io lo guardo perdavvero. ognittanto. è l'ultimo rimasuglio delle mie credenze, non so neppure se se ne andranno mai, anche se ora passo gran parte del tempo a ridacchiarmela, a svuotare la mia caverna egoica [a proposito, vi prego, seguitemi ancora un po' di là che poi torniamo: sabato ho goduto autenticamente: di seguito su radiotre lezioni di francesco antonioni sugli studi di ligeti - antonioni è bravissimo, altro che bietti che non suona ma zappa il pianoforte e ha la voce e le espressioni di filini, il geometra -, e poi a uomini e profeti massimo cacciari che parla di san francesco: è lui che ha citato la caverna egoica, quindi questa digressione la dovevo]. oggi è il compleanno di mamma. cioè sarebbe stato il compleanno di mamma. finirà che l'associo con lucio dalla, e che ci vuoi fare, è pure normale. siccome sono in fondo superstizioso, come lo era lei, con quella sua religiosità campestre, fatta di altarini di pietra votivi e pagani, con quelle sue preghierine e i riti che non appartenevano a nessuna confessione di preciso, se non quella di una contrada oscura benché abbacinata dal sole - è questo la sicilia, oscura benché abbacinata dal sole, cotta come un mattone di fango e nessuno mai potrà convincermi del contrario perché in quella terra c'ho lasciato molte linfe e qualcuna ne ho pure succhiata -, siccome sono superstizioso per tre volte, per tre volte siamo andati con ale in piazza maggiore e per tre volte i megamplificatori diffondevano le note di cambierò, di lucio dalla, lucio dalla che piaceva tanto a mamma mia (questa è divagazione degregoresca, direbbe filippolaporta ma mi aiuta a chiudere il signum). Al punto che abbiamo fatto un test, per vedere se c’erano solo quelle tre o quattro canzoni nel nastro, e siamo tornati così, all’improvviso, in piazza maggiore, gli abbiamo fatto l’agguato. Ma, ma la canzone era un’altra, prova questa che il Cambierò era un clara signa. Ecco come funziona. Dalla che muore, il suo compleanno, mia mamma il suo compleanno, cambierò: clara signa. Si vede che dovrò cambiare davvero. Ora, siccome io aspettavo una notizia, aspettavo anche un Clara signa che almeno mi anticipasse qualcosina. La notizia però non viene. Non disperare. E però se non viene non viene, siamo quasi oltre tempo massimo. Fose il Cambierò voleva dire che cambierò e non aspetterò più notizie del genere. Cambierò talmente che quel cambiamento che aspettavo, quella trasformazione radicale non mi dovrà mai più riguardare. Ok, sono pippe. Mi fermo qui con buona pace di Cesare e soprattutto di Filippolaporta. 
E pazientemente, questo senso di attesa è meglio che lo sgrani come le reti un pescatore, alla sera, con le gambe lunghe e la schiena dura, spalle al paese, e lo lasci riposare per quello che è: fili intrecciati e avanzi di mare da togliere.

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