Aprire un libro e vedere le parole consumate. Non so se si tratta di usura, ma come risposta a quello che vedo sento qualcosa, dentro il mio cranio, che si aggancia al soffitto della testa come i ganci di una macelleria, che tira gli occhi e la gola e rende penoso persino respirare. Sono in libreria, vedo il cumulo delle novità/proposte, non riesco quasi ad avvicinarmi. C’è un libro rosso con un bicchiere da vino riempito di latte in copertina.
Penso che vogliono dire che alla fine della notte, al mattino, dopo i bagordi, si torna alla purezza. Il latte redime. Ma puzza e appiccica come l’infanzia che rifiuta gli svezzamenti. Fra l’altro il latte mi è antipatico, perché ne amo il sapore ma proprio non lo digerisco. Poi interviene il dandy che di tanto in tanto rantola dentro di me, e mi suggerisce che più che altro potrebbe trattarsi della guida michelin alle latterie più trendy del momento. Sghignazza, pure, con quella sua boccuccia carnosa. D’accordo, non fare lo snob e aprilo ‘sto cacchio di libro, così giudicherai almeno con un minimo di cognizione e non farai come gli altri che lo maledicono senza nemmeno sapere di che parla. Obbedisco. Mah. Le frasi consumate, gli archi delle frasi logore, un groviera. Le virgole sono grossolane come vanghe piantate qua e là in una terra polverosa che nessuno si azzarderebbe a coltivare. Fastidio per gli accoppiamenti di vocali e consonanti, dinamiche gratuite, costruzioni sintattiche reperibili di solito tra il philadelphia light e la mozzarella in offerta. Questo libro emana luce al neon, e pure di pessima qualità. Quanta gente mi sta guardando, in questo momento? Ho una penna, qualcosa per lasciare un segno? Un segno intellegibile, però. Mi apparto, faccio l’interessato, l’entusiasta, ma non troppo. Voglio che l’intellighenzia da scaffale che sempre si trova in questa libreria mi consideri un cretino e si dimentichi di me. Se faccio veramente in fretta nessuno se ne può accorgere. Il prossimo che lo compra avrà una gran bella sorpresa.
Penso che vogliono dire che alla fine della notte, al mattino, dopo i bagordi, si torna alla purezza. Il latte redime. Ma puzza e appiccica come l’infanzia che rifiuta gli svezzamenti. Fra l’altro il latte mi è antipatico, perché ne amo il sapore ma proprio non lo digerisco. Poi interviene il dandy che di tanto in tanto rantola dentro di me, e mi suggerisce che più che altro potrebbe trattarsi della guida michelin alle latterie più trendy del momento. Sghignazza, pure, con quella sua boccuccia carnosa. D’accordo, non fare lo snob e aprilo ‘sto cacchio di libro, così giudicherai almeno con un minimo di cognizione e non farai come gli altri che lo maledicono senza nemmeno sapere di che parla. Obbedisco. Mah. Le frasi consumate, gli archi delle frasi logore, un groviera. Le virgole sono grossolane come vanghe piantate qua e là in una terra polverosa che nessuno si azzarderebbe a coltivare. Fastidio per gli accoppiamenti di vocali e consonanti, dinamiche gratuite, costruzioni sintattiche reperibili di solito tra il philadelphia light e la mozzarella in offerta. Questo libro emana luce al neon, e pure di pessima qualità. Quanta gente mi sta guardando, in questo momento? Ho una penna, qualcosa per lasciare un segno? Un segno intellegibile, però. Mi apparto, faccio l’interessato, l’entusiasta, ma non troppo. Voglio che l’intellighenzia da scaffale che sempre si trova in questa libreria mi consideri un cretino e si dimentichi di me. Se faccio veramente in fretta nessuno se ne può accorgere. Il prossimo che lo compra avrà una gran bella sorpresa.
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