lunedì 27 febbraio 2012

il piccolo Doinel


sul 93, il bus che prendo il pomeriggio per granarolo, c’è un ragazzino di seconda terza media, una creaturina alta sì e no due volte il suo zaino. Sale con me, gli do sempre la precedenza, così posso guardarlo da un numero buono di angolazioni. Assomiglia ad Antoine Doinel, ma proprio quello dei 400 colpi, quello per così dire originale, prima che si viziasse di narcisismo e finisse col non sapere più che farsene dell’amore di quell’angelo di Christine, Christine Darbon. Questo scricciolo spaurito se ne sta nel mezzo del corridoio, con aria fiabesca, spremuto dalle pance e i seni e le tracolle dei grandi e anche di altri ragazzi che sembrano tutti più grandi di lui, e pure la borsa che gli si è arrampicata sulla schiena, con quelle bretelle nere e malamente imbottite, sembra un grosso ragno che vuole farlo finire col sedere a terra. Un paio di volte sono stato tentato di sfiorargli la testa e dirgli Ragazzo, è meglio se lo posi, oppure chiedergli se lo voleva messo in alto, nel portabagagli accanto al mio, anche perché così dà pure intralcio agli altri. Ma io sono sicuro che quello zaino pesa perché dentro c’è del metallo, è un ragazzo sveglio che cerca di non destare sospetti, si mette quell’aria lì, da ingenuo, da spaurito di proposito, e invece dentro ha una specie di mitra smontato che deve portare da qualche parte. Stanno preparando un esercito, dopo Granarolo, c’è anche un bunker segreto, e un pezzo alla volta lui porta tutti i pezzi, perché devono montare un cannone gigante con il quale spareranno su Bologna, o Padova, non so, del resto ancora gli ordini sono imprecisi, ma certo dove si annidano quelli più alti, quelli che in autobus, per esempio, rendono l’aria che non si respira. Per questo lo lascio stare, e mi limito a buttargli un’occhiata ogni tanto. Così, giusto per controllare che non tiri fuori il mitra e faccia una sciocchezza.

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