[note dal mio cdl di Crollo della mente bicamerale]
Gli infiniti ricami pensosi sulla volontà sono vani. La volontà è una deduzione ingannevole. Essa non può che formarsi al di fuori di noi, come una nuvoletta di rugiada. La concepiamo dentro noi stessi semplicemente perché siamo convinti che agisca sugli altri, e quindi, per deduzione, deve per forza di cose essere anche dentro di noi. Utilizziamo la volontà come una specie di entità logica che possa determinare e rendere coerenti le azioni altrui. A un altro livello è la stessa cosa di dio. Le azioni altrui appaiono coerenti, e appaiono obbedire a una volontà, ma si tratta solo di una nostra deduzione: siamo esseri che devono in qualche modo - forse geneticamente - motivare quanto vedono accadere, forse per tentare di prevedere cosa accadrà dopo, per avere una possibilità di salvarsi. Abbiamo il vizio, del resto, di interpolare puntini luminosi e farne pezzi di zodiaco. La volontà individuale è un inganno, perché esiste solo come reazione a stimoli, ordini, suggestioni. Il gene egoista di Dawkins? Naturalmente neppure la tecnologia dispone di una qualche volontà, e chi fantastica che verrà fagocitato dalle macchine è poco più di un cybermasochista. In altri termini sta cercando - nella cosiddetta singolarità - l’avvento di una nuova e onnipotente divinità. Perché stare da soli, badare a se stessi, essere padri e madri di se stessi, è arcifaticoso. Come non esiste la volontà, così non esiste la coscienza. Volontà e coscienza sono concetti dedotti e installati nel nostro io (ma si può ancora usare questo termine senza venirne destabilizzati?) a partire da una specie di illusione mentale. Più o meno come con gli occhi vediamo cose che non ci sono semplicemente per assecondare le nostre strutture percettive, allo stesso modo pensiamo. O almeno crediamo di pensare.
ps: cdl sta per cahier de lecture, pretenzioso ma vero
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