Quel signore lì, ne sono convinto, quello ha girato il mondo. Si capisce da come tiene i capelli, una passerella di fili sottili bianchi grigi, color delle perle al sole, e si capisce pure da come fa il verso di altri, da come racconta le cose. India, io credo, Oriente, ma anche quell’Europa del Nord che ai tempi suoi non ti dico cos’era, la vera scoperta, la miniera di corpi bellissimi e civiltà, di senso algido e struggente insieme della vita, come il loro sole, quel sole che c’hanno loro. Lo incontro nelle passeggiate paminesche, passando per quella strada lì, dove ha messo su una boutique, uno stanzone arredato con due cornici di caminetto e uno specchio rococò enorme e messo proprio al centro. Tu entri e prendi i maglioni, le sciarpe, te le provi, quelle due o tre maglie e sciarpe che ha, perché ne tiene davvero poche. Ha qualcosa anche dentro i cassetti di quelle cassettiere alte quanto una libreria che tiene dischiusi, e fanno sembrare che le cassettiere sono in décolleté, così, le hai sorprese mentre si mettevano in ordine ma una volte che sei entrato prego s’accomodi. Che ha viaggiato, che è un uomo di mondo lo capisci soprattutto da quei pantaloni, a sigaretta nonostante c’avrà i suoi sessantacinque-settanta, e le scarpe, diomio, scarpe allacciate di pelle rossa e gialla, ma non rosso e giallo da fare romanista, un rosso e giallo che potrebbero essere tipo amaranto e ocra, pantone 186 e 102, per lo meno. Lui di pantone ne saprà a bizzeffe, la prossima volta vi racconto pure quello che gli ho sentito dire passando…
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