venerdì 16 dicembre 2011

Loading - episodio 7. L'attesa dell'alba

Sono stato accolto con indifferenza. Salito a bordo mi sembrava di aver messo piede sulla terraferma, una terraferma di robusto metallo che risuonava a ogni mio passo. Il tizio che mi ha porto la scaletta non ha detto una parola, ha sorriso appena, e nel farlo ha cancellato per un attimo la sua età. Poi è sparito, forse perché voleva che mi godessi da solo, avvinghiato alla ringhiera oleosa di questa specie di rimorchiatore, la visione della sagoma della roulotte che si allontanava. Quella specie di creatura galleggiante mi era appartenuta, e io cercando di ricostruirla nel buio quasi totale - soprattutto adesso che i fari erano stati indirizzati altrove - mi chiedevo se ci avessi lasciato qualcosa di importante. 
Non mi aspettavo certo delegazioni o onori particolari, ma nessuno sembra essersi accorto di me. Il vecchio marinaio è tornato nella pancia della nave, l’ho visto calarsi per una specie di pertica in metallo e ho sentito distintamente il tonfo anch’esso metallico del suo atterraggio. Come fosse un ragazzino. L’imbarcazione è piuttosto grande, ci saranno almeno una ventina di uomini d’equipaggio a bordo. Ho la sensazione paradossale di trovarmi a una festa, ma come un perfetto estraneo che aspetta in giardino. All’interno di una villa della gente che si conosce da tempo si sta divertendo, e io non so se entrare o meno. Così resto ancora sulla balaustra, proteggendomi con la coperta che mi è stata offerta, e che indosso come una specie di saio. 
Appena mi rendo conto di questo, di quanta forza metto per stringere la coperta di lana scadente e infeltrita all’inverosimile, mi accorgo anche di un’altra cosa, e cioè del fatto che non provo freddo. Nella roulotte, a un certo punto, stavo quasi gelando. Ma forse era la paura. Qui, benché mi trovi piuttosto in alto, e senta il vento del mare che mi schiaffeggia quasi, non ho freddo. Perché dovrei fingere di aver freddo, allora? Lascio che la coperta mi cada alle spalle, fregandomene del fatto che possa rovinarsi. Cosa mi importa? Che ospiti del cazzo! Non uno che mi sia venuto ad accogliere. Mannò, non mi interessa neppure questo. Perché fingo di arrabbiarmi? Non sono affatto adirato, e non trovo neanche tanto scandaloso il fatto che mi stiano ignorando. Saranno intenti a far andare avanti la nave. È notte piena, alcuni di loro dormiranno profondamente, cullati dalla regolare andatura della nave che ha ripreso il suo viaggio dopo la sosta per salvarmi. Dove stanno andando? A est - ma lo deduco soltanto dopo - c’è una sottilissima, quasi impercettibile linea più chiara, e quella sembra la direzione. Il mattino è vicino. Con questa stagione forse sono le quattro, più o meno. Visto che non provo alcuna sensazione sgradevole, neppure stanchezza, resterò qui, immobile, almeno finché non sarà sorto del tutto.

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